mercoledì 4 novembre 2009

IL VALORE DEI SIMBOLI

Alla notizia della sentenza di Strasburgo sull'esposizione del crocifisso nelle scuole italiane mi è venuto di getto un meno male!! Volevo scrivere due righe per spiegare perchè sono pienamente d'accordo con la sentenza che considero civile e rispettosa soprattutto del valore che i credenti dovrebbero dare ad un simbolo che tanto rappresenta per tutti i cristiani.
Ho trovato in internet il pezzo che segue che esprime con chiarezza il mio pensiero e quindi lo replico per farvene partecipi.
La banalizzazione di un simbolo
Blog europe di Andrea Bonanni la repubblica.it 4.11.2009
Premetto due cose, non necessariamente collegate tra loro. La prima è che non sono credente. La seconda è che trovo la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo contraria all’obbligo del crocifisso nelle aule un segno di civiltà giuridica e culturale. Ancora una volta, parafrasando la canzoncina dei berlusconiani, mi viene da dire: “per fortuna che l’Europa c’è”. Fatte queste dovute premesse, mi stupisco un po’ della reazione scomposta delle gerarchie cattoliche. Per un cristiano, il crocifisso dovrebbe essere, ancora di più che per un ateo come me, un simbolo sublime e terribile. La sua banalizzazione come soprammobile, confuso con i banchi, la lavagna e le altre suppellettili scolastiche, dovrebbe essere, quello sì, un sacrilegio. E la giustificazione del crocifisso nelle scuole come una fatto consuetudinario dovrebbe suonare alle orecchie dei buoni cristiani come una vera e propria bestemmia.Vietando la imposizione fuori contesto del Cristo, e del suo supplizio, la Corte di Strasburgo ha riconosciuto la sua piena e terribile dignità ad un simbolo religioso. Quella stessa dignità che la Chiesa gli nega difendendone la banalizzazione quotidiana e obbligatoria.

lunedì 2 novembre 2009

MENO MALE CHE ESISTONO ANCHE QUESTI UOMINI

VIOLENZA
Da uomo a uomo, un appello di ‘Maschile Plurale’(Roma)
Sono un uomo e vedo la violenza maschile intorno a me. Vedo anche, però, il desiderio di cambiamento di molti uomini. Scelgo di guardare in faccia quella violenza e di ascoltare quel desiderio di cambiamento. So che quel desiderio è una risorsa per sradicare quellaviolenza. Di fronte alle storie di mariti che chiudono le mogli incasa o le ammazzano di botte, di fidanzati che uccidono per gelosia le proprie ragazze, di uomini che aggrediscono o stuprano donne in un parco o in un garage, non penso "Sono matti, ubriachi o magari isoliti immigrati !", non mi viene da dire: "Quella se l'è cercata!".Tutto questo mi riguarda, ci riguarda. Quando sento giudicare gli immigrati come una minaccia alle "nostre donne" ricordo che la violenza contro le donne non nasce nelle strade buie, ma all'interno delle nostre case, ed è opera di tanti uomini, italiani e non, che picchiano e uccidono le "proprie" donne. Quando osservo l'ironia, il disprezzo, la discriminazione che precedono la violenza controlesbiche e gay non penso: "Facciano quel che gli pare, ma a casaloro". So che mi riguarda, ci riguarda: quell'ironia e quel disprezzo li conosco fin da piccolo, sono una minaccia per chi non si comporta"da uomo". La libertà di amare chi vogliamo e come vogliamo o è di tutti o non è di nessuno. Quando penso alle donne, spesso straniere, costrette a prostituirsi, prive di diritti, alla ricerca di difficili vie di uscita, non penso che "rovinano il decoro delle città". Vedo nella loro vita l'effetto di un razzismo che avanza. La prostituzione, scelta od obbligata, parla innanzitutto dei nove milioni di clienti italiani e della sessualità maschile ridotta alla miseria dello sfogo e del consumo. Credo che la violenza contro omosessuali e trans, la diffusa richiesta di ordine e sicurezza, la crescente ondata di disumanizzazione dei migranti, il razzismo, l'egoismo dilagante, abbiano a che fare con le relazioni tra i sessi: la paura e il disprezzo verso le differenze sono una tossina che avvelena la nostra società. Ogni giorno sento il richiamo verso ogni uomo ad essere complice di questa cultura e ad aderire all'ideologia della mascolinità tradizionale. Sono stanco della retorica della patria, del nemico e dell'onore, della virilità muscolare e arrogante. Quando assisto all'ostentazione di sé da parte di chi usa soldi epotere per disporre delle donne, sento che quell'ostentazione è misera, squallida e anche triste. Sono secoli che gli uomini comprano, impongono, ricattano e scambiano sesso per un posto di lavoro o per denaro. La novità sta nel vantarsene, strizzando l'occhio agli altri uomini in cerca di complicità. Non ci stiamo, e non per invidia o moralismo. Non ci interessa l'alternativa tra il consumo del corpo delle donne e l'autocontrollo perbenista. Al potere preferiamo la libertà, la libertà di incontrare il desiderio libero delle donne, compreso, eventualmente, il loro rifiuto. Quando il disprezzo per le donne, l'ostentazione del potere e le minacce contro i gay e gli stranieri diventano modelli di virilità da usare a scopi politici, capisco e sento che devo e dobbiamo reagire: come uomini prima ancora che come cittadini. Sentiamo la responsabilità di impegnarci, come uomini, contro la violenza che attraversa la nostra società e le nostre relazioni. Non vogliamo limitarci alle "buone maniere" e al "politicamente corretto". Non ci sentiamo "protettori" né"liberatori". Sappiamo che le donne non sono affatto "deboli". La loro libertà, la loro autonomia, nel lavoro, nelle scelte di vita, nella sessualità, non sono una minaccia per noi uomini e nemmeno una concessione da far loro per dovere. Sono un'opportunità per vivere insieme una vita più libera e ricca. Non ci basta dire che siamo contro la violenza maschile sulle donne. Desideriamo e crediamo in un'altra civiltà delle relazioni tra persone, una diversa qualità della vita, libera dalla paura e dal dominio. Vogliamo vivere una sessualità che sia altro dalla conferma della propria virilità e del proprio potere. Molti uomini hanno finora vissuto questo tentativo di cambiamento individualmente, cercando un modo nuovo di essere padre, una diversa relazione con la propria compagna, un modo diverso distare con gli altri uomini, un rapporto diverso con il lavoro. Questa ricerca è però spesso rimasta solitaria e invisibile, senza parole. Vogliamo esprimerci in prima persona, vogliamo che il desiderio di libertà e di cambiamento di migliaia di uomini diventi un fatto collettivo, visibile, capace di parlare ad altri uomini. Il 21novembre a Roma, in Piazza Farnese, dalle ore 15,30 alle 19,30 ,un'iniziativa nazionale aperta a uomini e donne di MASCHILEPLURALE perinfo info@maschileplurale.it, http://www.maschileplurale.it(Delt@ Anno VII, N 201 del 29 ottobre 2009)