venerdì 26 febbraio 2010

LA PROSTITUZIONE

La prostituzione, tema che ci interroga, ci infastidisce e ci coinvolge prima di tutto come donne
ed ecco che navigando in rete nello stesso giorno trovi due pezzi di senso e segno opposto, ve li offro in riflessione:

Punire il cliente. La strada svedese

di Chiara Valentini

A 10 anni compiuti dalla legge più innovativa sulla prostituzione mai approvata al mondo, la Svezia sta facendo i conti con i risultati ottenuti e cerca allo stesso tempo di far conoscere meglio all’estero il suo modello. Che spesso, in particolare in Italia, viene ancora considerato come una specie di stravaganza nordica, se non come un mezzo fallimento.

Non c’è dubbio che la scelta di dichiarare punibile il cliente e di considerare invece la donna come una vittima aveva rovesciato una logica orientata da sempre a criminalizzare le prostitute e a lasciar tranquilli i loro utilizzatori. Ancora più difficili da digerire le ragioni di quella scelta, enunciate nell’articolo 1 della legge: «La prostituzione è una forma di violenza dell’uomo verso la donna». Dietro quel testo c’era in effetti l’elaborazione di un femminismo come quello svedese, capace di influenzare l’opinione pubblica e di lavorare anche dentro i partiti, in quello socialdemocratico in particolare, e dentro le istituzioni. C’era un parlamento dove la rappresentanza femminile era arrivata al 45 per cento e dove i temi delle donne erano al centro di discussioni e indagini innovative. Come ha raccontato in un’intervista Gunilla Ekberg, l’avvocata femminista che aveva lavorato al disegno di legge, «fino ad un certo momento avevamo considerato la prostituzione come un fenomeno a sé stante. La svolta è avvenuta quando ci siamo rese conto che si trattava invece di una delle forme della violenza maschile nei confronti del nostro sesso». Avevano portato a questo risultato non tanto le analisi teoriche, quanto i molti studi e ricerche fatti negli anni precedenti sulle prostitute svedesi. In tutte le loro storie, in un modo o nell’altro, c’erano abusi familiari infantili, stupri subiti da amici di famiglia o compagni di scuola o condizioni di disagio estremo e di emarginazione sociale. In altre parole, nel contesto svedese erano molto rare le donne che facevano della prostituzione una libera scelta di vita. Ed ecco allora il testo che proibisce “l’acquisto di prestazioni sessuali”, punendo anche penalmente chi compra sesso ma non chi lo offre e che viene considerata invece una vittima da proteggere e aiutare.

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Non abbiamo papponi. Non abbiamo subito violenza durante la nostra infanzia, né dopo del resto. Non siamo drogate. Non siamo mai state obbligate a prostituirci. Non abbiamo angosce post-traumatiche. Non siamo infelici. Sì, abbiamo una vita sentimentale. Abbiamo amici e amanti. Siamo impegnate nella lotta contro ogni discriminazione. Svolgiamo un lavoro stigmatizzato. Abbiamo scelto questo mestiere. Vogliamo gli stessi diritti degli altri. Siamo puttane e ne siamo fiere”: così recita il ‘manifesto’ dell’orgoglio delle prostitute da poco pubblicato in Francia. Fiere di essere puttane (Derive&approdi 12 euro) è un libro che sfata i luoghi comuni che di volta in volta indicano nella prostituzione una forma di asservimento, una piaga sociale, un’emergenza da gestire come ordine pubblico. Un libro scritto da due prostitute, Maîtresse Nikita e Thierry Schaffauser, protagoniste di un movimento che chiede rispetto e diritti per quelle e quelli che hanno scelto di esercitare la professione più antica del mondo. “Si capisce subito leggendo le prime pagine di questo libro che non siamo nel campo teorico dell’antropologia sociale, bensì nella pratica quotidiana che vede le/i sex workers destreggiarsi per far fronte a quello che è un autentico attacco criminogeno dello Stato contro di loro - scrive nella prefazione Pia Covre, esponente del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute (Cdcp) – Il linguaggio diretto e schietto che Maîtresse Nikita e Thierry Shaffauser usano per raccontare come abbiano deciso di prendere la parola e avviare una lotta contro la legge di sicurezza, la discriminazione e lo stigma della ‘puttana’ ha un effetto dirompente. È una accusa chiara e lucida verso chi ha la responsabilità politica e di governo di un fenomeno sociale, la prostituzione, che in Francia già dal 2003 è stata al centro delle politiche di Sarkozy sulla sicurezza. In Francia dal 2003, come in Italia oggi, si alimentano le paure, si crea artificiosamente un nemico, si risponde quindi all’insicurezza sociale creata.

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